Merito e Meritocrazia, Dio, Patria e Famiglia: la Sinistra alla sfida delle parole

17 Novembre, 2022 | Agorà

Merito e meritocrazia sono parole di destra? La sinistra fatica a pronunciarle e quando lo fa le subordina a molte premesse, quasi si vergognasse.

Merito e meritocrazia sono parole di destra? La sinistra, prigioniera delle categorie del passato, fatica a pronunciarle e quando lo fa le subordina a molte premesse, quasi si vergognasse. Prima del “sessantotto” la meritocrazia serviva a legittimare la brutale discriminazione scolastica tra ricchi e poveri. Questi ultimi, riuscivano ad emergere e a proseguire gli studi solo raramente. Combattere quel sistema era giusto e doveroso. Giusto per abbattere quel muro di discriminazione insensata; doveroso per offrire opportunità ai più meritevoli e non rinunciare al contributo che avrebbero dato alla crescita ed allo sviluppo del nostro Paese.

Il suicidio del voto politico

I “sessantottini” volevano una scuola migliore, ma molti di essi, tradendo l’affermazione di “Che” Guevara: “El nino que no estudia no es un buen revolucionario” scelsero la scorciatoia, suicida, del voto politico. Quella scelta aprì la strada al declassamento della scuola, trasformandola, progressivamente, in un distributore automatico di titoli di studio, inadatti ad entrare nel mondo del lavoro nel quale, invece, la selezione, è brutalmente basata sulla reale conoscenza della propria materia.

Fa eccezione il pubblico impiego, nel quale i criteri di selezione sono spesso di altro tipo. Dopo decenni di lassismo ed errori strategici, diventa oggi decisivo, anzi rivoluzionario, ripristinare il concetto di merito, in mancanza del quale molti dei nostri giovani, spesso i migliori, continuano a lasciare l’Italia per “arricchire” con le loro intelligenze i Paesi nei quali le capacità sono riconosciute e valorizzate.

L’appiattimento di sinistra

Perché la sinistra non vuole prendere in mano questa bandiera, lasciando che sia solo la destra a parlare di merito e meritocrazia? La sinistra continua a seguire la strada di un egualitarismo che non significa identiche possibilità per tutti, ma solo risultati uguali per tutti, a prescindere dal merito. In questo i partiti di sinistra sono anche condizionati dai sindacati, loro “braccio armato” nel mondo del lavoro, i quali, per ottenere facili consensi tra i lavoratori, non vogliono assecondare il riconoscimento del merito e dell’impegno di chi lavora con serietà, finendo con il favorire il livellamento in basso, tanto nella scuola quanto nel mondo del lavoro. E’ ora che la sinistra, che può ancora vantare una classe dirigente all’altezza del compito, punti a rappresentare la parte migliore della società, quella in grado di cambiare davvero in meglio l’Italia.

Il tabù del licenziamento

Nel sindacato prevale ancora la convinzione che il licenziamento di un lavoratore sia sempre frutto della discriminazione politica e non della necessità, sacrosanta, di mandare a casa un incompetente o un fannullone. Ma con la dequalificazione che affligge molte aziende, quale imprenditore sarebbe così sciocco da licenziare oggi, per ragioni politiche, un dipendente che lavora con serietà e competenza? La sinistra è attesa anche su questo fronte a una sfida epocale: voltare pagina aderendo alla nuova realtà, senza tuttavia subirla passivamente ma anzi essere l’artefice di un cambiamento positivo che non assicuri più posizioni privilegiate a chi non vuole migliorare se stesso e l’azienda, pubblica o privata che sia, per la quale lavora. Un tema che andrebbe affrontato anche nel pubblico impiego nel quale il tabù è ancora più radicato.

Dio, Patria e Famiglia

I valori originari e fondanti della nostra società: dio, patria e famiglia, sono davvero di destra? Lo sono certamente se vengono utilizzati per discriminare chi è orientato diversamente. Ma i nostri padri costituenti, che non erano certamente di destra, hanno scritto la nostra Costituzione con una visione del tutto diversa.

La fede religiosa non rappresenta un pericolo, se non pretende di interferire sulla libertà degli individui. Non è pericolosa la religione cristiana, che Gesù ha basato sull’amore e l’uguaglianza tra gli uomini. Visione che San Francesco, nel “Cantico delle creature”, ha voluto estendere a tutti gli esseri viventi e alla natura. Il cristianesimo è da secoli la religione del nostro popolo e non ha senso oscurare queste radici per rispettare magari chi, seguendo in modo ottuso la propria cultura religiosa, declinata al maschile, discrimina i membri femminili della propria famiglia, imponendo loro scelte sentimentali, sessuali, culturali e persino di abbigliamento.

Ha un senso togliere la croce dalle scuole per non offendere la sensibilità di chi, provenendo da altre culture, ha un diverso credo religioso? Molti di noi sono cresciuti con la croce dietro la cattedra e l’ora di religione, peraltro facoltativa, ma nessuno l’ha mai vissuto come una imposizione che potesse condizionare le proprie future scelte di vita.

Famiglia e famiglie

Lo stesso valga per la famiglia tradizionale: padre, madre, figli, ancora prevalente nella nostra società. Altri modelli famigliari si sono affermati in questi anni e sappiamo che sono altrettanto validi quando sono un luogo di amore e di affetti sinceri. Sappiamo però altrettanto bene che la famiglia tradizionale non garantisce automaticamente la felice ed equilibrata crescita dei figli, come dimostrano i tanti giovani costretti a fuggire da genitori violenti e opprimenti. Né la famiglia tradizionale è garanzia di concordia o di rispetto tra i coniugi, come dimostrano i quotidiani femminicidi per mano del coniuge. Ma ha senso ridimensionare o subordinare il valore della famiglia tradizionale per dare dignità e riconoscimento ad altri tipi di famiglia? Non è forse più importante offrire a tutte le famiglie le stesse condizioni senza attuare discriminazioni inverse?

I diritti LGBT e di tutti

La libertà ed il rispetto dell’orientamento sessuale degli individui è sancito dalla nostra Costituzione ed ogni discriminazione in questa materia è odiosa e inaccettabile. Oggi molti programmi televisivi pubblici e privati, sempre attenti ai cambiamenti della società, sono pieni di protagonisti che non nascondono, a volte anzi ostentano, il proprio orientamento omosessuale o transessuale. In qualche caso anche con un lodevole intento pedagogico. Ma questa sensibilità, che riconosce anche la libertà di non dichiarare la propria “scelta” sessuale, può arrivare al punto da ostracizzare la banale differenziazione del colore dei grembiuli nelle scuole primarie, per affermare una indistinzione sessuale della quale nessuno sentiva l’esigenza?

Ha senso intervenire sui naturali e vaghi momenti di disorientamento sessuale (che potremmo definire anche curiosità) tipici della fase evolutiva dei bambini, cercando immediatamente di stimolare o favorire l’orientamento opposto? Non so quanto questo possa davvero assecondare il libero sviluppo dell’orientamento sessuale nei più giovani.

Rispetto delle donne a parole?

Nella nostra società, nonostante tutti gli sforzi delle istituzioni, nella pubblicità, nei “social media” e in molti programmi televisivi, prevale l’immagine della donna oggetto. Siamo sicuri che il rispetto delle donne passi attraverso la femminilizzazione di parole come Sindaco, Presidente o Architetto? E perché mai il non accettarlo, mantenendo per sé la desinenza o l’articolo al maschile, dovrebbe essere di destra? Solo perché è una scelta di Giorgia Meloni? Qualcuno pensa seriamente che Carla Capponi, Tina Anselmi e Nilde Iotti, tanto per citare le più famose, che nello svolgimento del loro ruolo pubblico non si sono mai poste questo problema, fossero minimamente di destra?

Patria di Sinistra

Infine, l’argomento del patriottismo. Definito nei dizionari come il “sentimento di amore e devozione verso la patria” è cosa ben diversa dal nazionalismo, che viene invece definito come “ideologia ispirata all’esaltazione del concetto di nazione, autoritaria affermazione di valori che trascendono le esigenze della realtà politica e sociale dei paesi stranieri”.

Definirsi patrioti, amare il proprio Paese e, se necessario, difenderlo dai tentativi di altri Paesi di limitarne la libertà di azione politica ed economica è di destra? Nulla di più sbagliato. I combattenti della Resistenza, che con il sacrificio delle loro vite hanno contribuito in modo determinante alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo, si definivano patrioti. Sandro Pertini, al quale nessuno oserebbe attribuire valori di destra, convinto assertore dell’internazionalismo socialista, considerava il patriottismo elemento essenziale dell’essere di sinistra.

Cari compagni, mentre vi accingete a ridefinire gli obiettivi e i riferimenti della futura politica della sinistra italiana, meditate, meditate bene.